L'ANGOLO DI FABIENNE



















"L'industria nucleare per sopravvivere è oggi pronta a tutto, anche a vendere la sua tecnologia ai regimi dittatoriali del pianeta. Non esita neanche a trasformare la Francia in una vera pattumiera del nucleare. Dopo i giapponesi, tedeschi, spagnoli, belgi, olandesi, australiani e svizzeri, ecco che farà finta di gestire le 235 tonnellate di rifiuti nucleari italiani in scambio della partecipazione del 12,5% di Enel, l'elettricista italiano, al finanziamento dell'EPR."


Questo è ciò che spiega Yannick Rousselet, incaricato di campagna energia a Greenpeace.

Dopo l'incidente di Tchernobyl, l'Italia decide l'abbandono dell'energia nucleare con il referendum del 1987 e si ritrova con la pesante eredità dei rifiuti nucleari da gestire. Di fronte all'opposizione, per referendum, della popolazione ai progetti di sito di stoccaggio di questi rifiuti radioattivi, il Governo italiano decide di esportarli all'estero e più esattamente in Francia.

Il 9 maggio 2007, Anne Lauvergeon, Presidente del "Directoire di AREVA", e Massimo Romano, Amministratore Delegato della SOGIN (Società di gestione delle installazioni nucleari italiane) firmano un contratto di più di 250 milioni di Euro, portante sul trattamento delle 235 tonnellate di combustibili nucleari irradiati. Perchè l'Italia non disponendo di nessuna prospettiva di utilizzazione dell'uranio o del plutonio generato dalla rilavorazione le darà alla Francia. Che cosa diventeranno le centinaia di tonnellate di scarti prodotti da queste operazioni a La Hague?

Parallelamente alla firma di questo contratto di trattamento, Enel, l'elettricista italiano produttore dei rifiuti nucleari, annuncia la sua partecipazione del 12,5% nella centrale EPR di Flamanville-3, secondo i termini di un accordo firmato, venerdì 30 novembre, in occasione della conferenza franco-italiana di Nizza. EDF precisa che il suo concorrente italiano beneficerà dunque di un accesso all'elettricità prodotta proporzionalmente al suo investimento.

"L'Italia ha deciso democraticamente di non più avere ricorso al nucleare ma l'industria non ne tiene conto ed investe in questa energia all'estero. E' purtroppo un diniego di democrazia molto frequente appena si tratta del nucleare. Ricordiamo il no-dibattito sull'EPR in Francia, dove l'industria si è nascosta dietro il segreto difesa o industriale per rispondere alle domande legittime dei cittadini. "Il nucleare non potrebbe sopravvivere ad un funzionamento democratico o all'obbligo di una vera trasparenza." aggiunge il rappresentante di Greenpeace.


http://www.greenpeace.org/france/groupes-locaux/grenoble/8-septembre-2008-chambery


tradotto per noi da Fabienne Melmi.

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